
Il mistero di Emanuela Orlandi: un segreto che fa ancora paura
La scomparsa di Emanuela Orlandi è una di quelle storie che, forse, potevano accadere solo in Italia.
Un caso oscuro, stratificato, con decine di piste, centinaia di ipotesi, nessuna certezza.
Un mistero che ha attraversato la mia vita.
Emanuela Orlandi è nata il 14 gennaio 1968. Io nel 1974. Praticamente coetanei.
Ricordo vagamente, da bambino, quei manifesti con la sua foto e la fascetta nei capelli.
Poi, crescendo, ho letto libri, inchieste, articoli. Ho guardato documentari, ascoltato interviste.
E più leggevo, meno capivo.
Perché?
È questa la vera domanda che non ha mai ricevuto risposta.
Perché è scomparsa?
Perché decenni di silenzi, depistaggi, calunnie?
Perché nessuno ha mai parlato davvero?
Forse perché la verità fa paura. E se è così, vale la pena chiedersi:
Che tipo di verità può fare così tanta paura da essere taciuta per più di quarant’anni?
Le ipotesi che ancora oggi sembrano reggere di fronte alla paura che comporterebbero sono solo due.
Due scenari diversi, ma con un punto in comune: la figura di Karol Wojtyła, Giovanni Paolo II.
Ipotesi uno: il sequestro per ricatto
Secondo una delle ipotesi più discusse, Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita come forma di ricatto contro il Vaticano.
Il motivo? I soldi della mafia, della Banda della Magliana e della loggia P2, investiti nello IOR, sarebbero stati utilizzati da Wojtyła per finanziare Solidarność, il movimento anticomunista in Polonia.
In questo scenario, Emanuela sarebbe diventata una pedina geopolitica, sacrificata in una guerra silenziosa per il controllo dell’Est Europa e sepolta nelle fondamenta di una palazzina a quell’epoca in costruzione a Torvaianica, sul litorale romano.
Ipotesi due: la pista dell’abuso e dell’insabbiamento
L’altra ipotesi è ancora più cupa.
Emanuela, giovane, bella, onesta.
Troppo onesta per cedere alle avance di un adulto con un vizio disgustoso.
Si divincola. Cade. Batte la testa. Fine.
Oppure – ed è l’ipotesi che fa più paura – quell’adulto è anche un alto prelato.
Forse addirittura da qualcuno così in alto da non poter essere toccato, e quindi protetto con ogni mezzo.
Con il silenzio. Con l’oblio. Con la complicità.
In entrambi i casi, Emanuela Orlandi sarebbe stata punita per aver visto.
Per aver avuto gli occhi giusti nel posto sbagliato.
Emanuela Orlandi impara la regola dell’omertà: chi vede, muore
Nella storia della mala romana, non sarebbe la prima volta.
Il duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, ad esempio, non tornò mai a casa, pur con il riscatto pagato.
Uno dei rapitori si era lasciato guardare in faccia. E vedere significava morire.
Non servono teorie esoteriche. Basta la realtà.
Potere, vizi, silenzio. Protezione reciproca tra criminali, funzionari e complici vari.
La santità costruita a tavolino
Alla morte di Giovanni Paolo II, comparvero subito i cartelli “Santo subito”.
Tutti uguali. Tutti stampati con lo stesso font, lo stesso formato.
Una logistica degna dell’orologeria svizzera.
Eppure, chi ha organizzato una partita di calciotto lo sa bene: gli amici fanno spesso fatica a trovare sette magliette dello stesso colore.
Altro che spontaneità popolare. Non prendeteci sempre per stupidi.
Karol Wojtyla è stato un capo di stato popolare e rispettato ed un uomo di chiesa molto amato.
Ma “popolare”, “rispettato” e “amato” non significano santo.
La santità è un’altra cosa. In ogni caso, sia che sia plausibile la pista del ricatto come quella della pedofilia, che Giovanni Paolo II sia stato direttamente coinvolto o meno, si sta parlando di un essere umano, di un semplice essere umano che potrebbe aver alzato muri di omertà per coprire sé stesso o la sua chiesa. La santità è un’altra cosa. Ammettere la possibilità che si siano verificate queste due eventualità minerebbe la chiesa ed uno dei santi più amati da questa generazione: inaccettabile.
Ma questo si che farebbe paura a SRC. Farebbe troppa paura.
Il capo dello Stato Vaticano ha delle responsabilità
Karol Wojtyła è stato un papa. Ma anche un capo di Stato.
Ed era responsabile di chi viveva dentro le mura del Vaticano.
Non solo dei cristiani del mondo, ma anche di Emanuela Orlandi.
Fare sei o sette appelli all’Angelus non è bastato.
Non può bastare. Non quando una ragazza scompare sotto la tua giurisdizione.
Non quando il tuo Stato sceglie il silenzio come linea ufficiale.
La battaglia di Pietro Orlandi: verità contro l’omertà
Pietro Orlandi sa bene cosa significhi lottare contro il tempo e il bradipo burocratico vaticano.
Sa che la verità, qualunque essa sia, è stata nascosta per proteggere qualcuno o qualcosa.
E quel qualcosa si trova cinto da spesse mura.
Pare che papa Francesco abbia detto a Pietro, a microfoni spenti:
«Emanuela è in cielo».
Forse è così. Ma chi l’ha amata vorrebbe sapere come ci è arrivata lì.
E soprattutto perché.
Anche quest’anno, il 22 giugno, ricorderemo il suo nome.
Ma non è solo un anniversario. È un grido che ancora attende giustizia.
Un segreto che non è santo, non è puro e non è accettabile.
Un segreto malato, oscuro, miserabile.
Ma purtroppo, ancora oggi, perfettamente custodito.
Torna alla HOMEPAGE
👤 Emanuele Palmieri è scrittore, videomaker e musicista.
Osserva la realtà con uno sguardo libero e indaga i grandi temi dell’anima, della società e della verità nascosta.
Scopri i suoi libri,
documentari e
musica.
Nessun commento