Omicidio di Garlasco: l’umanità contrattacca lo scientismo

Libri, romanzi, documentari e musica di Emanuele Palmieri

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Omicidio di Garlasco: l’umanità contrattacca lo scientismo

Omicidio di Garlasco in sintesi. Nei primi anni 2000, l’opinione pubblica ha assistito a un cambiamento radicale nel modo in cui la giustizia veniva raccontata e amministrata. Sull’onda del successo di una serie TV, CSI, il dato scientifico ha preso il posto della testimonianza, il laboratorio ha soppiantato l’aula del tribunale, assumendo il valore di infallibilità che veniva confermato proprio nella serie televisiva. DNA, celle telefoniche, analisi forensi: la scienza sembrava offrire risposte definitive, schiacciando ogni dubbio umano sotto il peso dell’apparente oggettività. Ma CSI era una serie poliziesca, si doveva necessariamente trovare il colpevole prima della fine della puntata, o al massimo nella successiva dividendo in due puntate.

Questo però sposava un meccanismo molto umano, quello che di fronte a qualcosa di brutto, si vuole subito trovare un colpevole, giustizia deve essere fatta per archiviare la faccenda e tornare a dormire sogni tranquilli che riguardano una realtà che non esiste, quella in cui nessuno abbia paura che un giorno, potrebbe “toccare a me”.
Il colpevole che si cerca è spesso un disadattato, un sociopatico, un essere ai margini della società del politically correct o, più semplicemente, un individuo dotato di umana unicità. Non dobbiamo dimenticare che la scienza è un metodo di lettura della realtà. Non è una verità assoluta. Un dato, per quanto ottenuto correttamente, deve sempre essere interpretato. E a farlo non sono macchine, ma persone. Con i loro limiti, pregiudizi e, a volte, interessi.

Omicidio di Garlasco: Il caso

Chiara Poggi viene trovata morta nella sua abitazione a Garlasco, nel 2007. Il fidanzato, Alberto Stasi, chiama i soccorsi. Dopo due gradi di giudizio che si concludono con l’assoluzione, nel 2015 arriva la condanna definitiva a sedici anni di carcere. La sentenza si basa su una nuova perizia tecnica. La scienza, ancora una volta, chiude il cerchio. Ma nel 2024, un fatto imprevisto riapre il caso. Un uomo, residente nella zona, racconta di aver annotato su un taccuino una testimonianza ricevuta nel 2007 da una vicina di casa: una ragazza con un borsone è stata vista entrare in una villa nei giorni dell’omicidio.

L’uomo aveva già provato a raccontare tutto, senza essere ascoltato. Solo l’incontro con il giornalista Alessandro Di Giuseppe de Le Iene, e il gesto di quest’ultimo di pregare sulla tomba di Chiara, lo convince a parlare. Il suo racconto riapre le indagini. La fede, quanto di più umano ci possa essere, indipendentemente dal credo a cui si riferisce. La villa indicata affaccia sul torrente Terdoppio. E proprio nel torrente, a seguito di un dragaggio, vengono ritrovati oggetti inquietanti: un borsone, una testa d’ascia, una mazzetta da carpentiere, un attizzatoio. Non erano su un file. Non erano in un referto. Erano nella terra, nell’acqua.

Il servizio de “Le Iene”.

Omicidio di Garlasco: e se Erba e Brembate…?

Il caso Garlasco si inserisce in una lunga sequenza di processi in cui la scienza ha avuto un ruolo centrale. Come nella strage di Erba del 2006. Olindo Romano e Rosa Bazzi, inizialmente ignorati, confessano durante lunghi interrogatori e poi ritrattano. L’unico testimone, Mario Frigerio, cambia versione dopo essere stato informato che l’assassino è un vicino. Nessuna prova biologica collega i due alla scena del crimine. Eppure, sono in carcere da quasi vent’anni. Le richieste di revisione sono state respinte.

Nel caso di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa a Brembate nel 2010, Massimo Bossetti viene arrestato nel 2014 grazie a una traccia di DNA. Ma la traccia manca del DNA mitocondriale. Nessuna traccia della vittima viene trovata su Bossetti. Le richieste di nuove analisi vengono negate. Anche qui, la verità viene affidata a una compatibilità scientifica, non a una prova piena.
Omicidio di Garlasco: La coscienza contro l’automatismo Non è la scienza a essere in discussione. Figuriamoci, io amo la scienza. Quello che dovrebbe necessariamente essere messo in discussione è il suo utilizzo cieco, dogmatico. L’idea che il dato sia verità in sé, ignorando che è sempre un essere umano a deciderne la lettura. La giustizia non può essere ridotta a una formula. La verità è relazione, intuizione, memoria, empatia. La scienza è uno strumento e gli strumenti sono fatti per essere utilizzati, non adorati.

Oltre la cronaca: la disumanità del culto del male

In Italia e in Europa, ogni anno, migliaia di bambini scompaiono. Non sono solo statistiche. Sono nomi, storie, destini. In alcuni casi, dietro queste sparizioni, c’è qualcosa di più oscuro: un fenomeno reale, pericoloso, che ha radici in ritualità disumane.

Non parliamo di folklore, di ragazzini confusi amanti dell’heavy metal o di anziani in cerca di esperienze forti. Parliamo di una vera e propria cultura del male, che può arrivare a toccare ambienti insospettabili, apparentemente normali, persino elitari. Roba che in confronto i vampiri dei miei romanzi sono agnellini. In questo scontro tra ciò che è freddo, tecnico e impersonale e ciò che è vivo, umano e cosciente, si intravede la vera battaglia: quella tra l’umano e il disumano. Tra chi resiste per amore della verità, e chi agisce per compiacere il buio.

Conclusione

La verità non è un referto.
• Un uomo che parla perché di fronte a sé ha un uomo che si dimostra umano.
• È un taccuino mai dimenticato.
• Un torrente che restituisce ciò che è stato nascosto.

più di quanto sia riuscito a fare un hard disk trattato goffamente.

E soprattutto, è una coscienza che sceglie di non tacere.
In un mondo che sembra voler diventare sempre più meccanico, algoritmico, disincarnato, la speranza è riposta ancora una volta in chi resta profondamente umano.
Questo è un mio giudizio personale, una mia opinione.
Credo che Chiara sia morta perché aveva visto l’abisso che coinvolge una comunità. Aveva avuto il coraggio di parlarne con persone coinvolte che conosceva.
Credo che Chiara Poggi sia stata una ragazza coraggiosa.
Ma temo che, quando tutto emergerà, ci si accontenterà dei primi nomi, dei primi capri espiatori gettati sotto i riflettori per salvare la facciata.
Solo se saremo coraggiosi quanto lei — solo se avremo la forza di guardare davvero il male in faccia, e ammettere che certe realtà oscure possono esistere — allora, forse, potremo darle giustizia.

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👤 Emanuele Palmieri è scrittore, videomaker e musicista.
Osserva la realtà con uno sguardo libero e indaga i grandi temi dell’anima, della società e della verità nascosta.
Scopri i suoi libri, documentari e musica.

 

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